Cyberbullismo, task force nelle scuole

Cyberbullismo, task force nelle scuole
“Sei vittime su 10 pensano al suicidio”

SARAH MARTINENGHI

«Una minaccia fatta a scuola da noi è trattata come un omicidio. Con la stessa importanza e attenzione»: è racchiusa in questa frase del procuratore capo dei minori Annamaria Baldelli, il senso dell’impegno trasversale e profondo che negli ultimi anni il suo ufficio sta dedicando al contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo. «Ho delegato il nucleo di prossimità della polizia municipale a entrare nelle scuole, non solo per raccogliere le informazioni che riguardavano un reato commesso in classe, ma per capire quale dinamica avesse favorito quegli episodi. Si è creato un rapporto di fiducia che ha portato spesso a prevenire i reati, o ad archiviarli perchè nel frattempo la situazione era stata risolta. Nelle scuole dove siamo entrati si riesce a fare prevenzione “primaria”, anticipando i fatti grazie agli strumenti forniti per far sì che il palcoscenico a cui il bullo si rivolge per avere attenzione, non stia fermo a guardare, ma possa finalmente reagire». Più formazione, progetti concreti, e la restituzione di opportunità educative che sono mancate (come “la messa alla prova”), sono i cardini di un’attività che sta portando risultati positivi: «Lo dimostra un dato importante: la rediciva di chi ha commesso questa tipologia di reato è pari a zero» spiega il magistrato.
L’occasione per parlare di tutto ciò è il convegno «Stop (cyber)bullismo» organizzato dal Pd, con una tavola rotonda sul tema «Prevenzione e tutele nella nuova legge sul bullismo» che ha visto confrontarsi, oltre al dirigente della procura minorile, anche i deputati Pd Anna Rossomando e Umberto D’Ottavio, Paola Capozzi, dirigente della polizia postale, con Elena Ferrara, senatrice del Pd in commissione Cultura e Istruzione e prima firmataria del testo di legge sul cyberbullismo già approvato in Senato. «Il 50 per cento delle vittime del cyberbullismo pensa al suicidio, il 10 per cento tenta di farlo» ha spiegato la senatrice Ferrara, ricordando il caso di Carolina Picchio di cui era stata insegnante, e che l’ha portata a battersi per un testo che preveda interventi su più fronti, dalle linee guida ministeriali, ai codici di autoregolamentazione dei colossi della rete agli aspetti sanzionatori del bullo.
Se da un lato soprusi, violenze ed insulti amplificati da un uso scorretto dei social-network sono fenomeni «in crescita», con dati che fanno impressione (al Nord il 23 per cento dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ne è stato vittima assidua, e il cyberbullismo coinvolge più le femmine dei maschi), dall’altro nella nostra regione è in azione una “task force” che punta a fornire strumenti adeguati agli studenti, ai loro genitori, e agli insegnanti. «Abbiamo formato più di 600 insegnati, 5000 genitori e oltre 10mila studenti – spiega la dirigente della Polizia postale Paola Capozzi – Quello che più ci colpisce quando incontriamo chi ha commesso questi reati, è l’idea che “fosse solo uno scherzo”, la totale mancanza di consapevolezza della gravità e delle conseguenze, e del fatto che quello che si mette sulla rete rimane per sempre. Sono devianze che hanno a che fare con il protagonismo, per apparire ed essere presenti su internet, ma la rete può essere un boomerang, anche per il loro futuro quando manderanno un curriculum e un’azienda controllerà tutto quello che hanno pubblicato sui social».

(Repubblica, cronaca di Torino, pagina VII, 12 aprile 2016)

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