Diritti lgbt: quattro domande, quattro sì

Diritti Lgbt: quattro domande, quattro sì. 

di Letizia Tortello

Quattro domande sui diritti degli omosessuali, dal matrimonio per le coppie dello stesso sesso alla legge contro l’omofobia, passando per l’affidamento e l’adozione. Più tredici impegni concreti, che l’aspirante sindaco o il consigliere dichiara di voler portare avanti, una volta conquistata la poltrona del Comune o della circoscrizione. Interrogati con un questionario dall’Arcigay, molti dei 4000 candidati delle 37 liste che domenica correranno alle elezioni, preferiscono non rispondere sul tema. Meglio non dir nulla, per non scontentare l’elettorato, «oppure perché evidentemente queste questioni non interessano o non fanno guadagnare voti», spiega Marco Giusta, presidente del Comitato Ottavio Mai.
Le domande erano state inviate a partiti e movimenti e ai rispettivi comitati elettorali, pubblicate a ripetizione sui social. Tra tutte le migliaia di candidati, solo 105 esponenti delle liste, hanno risposto. Il risultato è ricco di colpi di scena, a partire dal sindaco Fassino e dai 5 Stelle.

Dopo le unioni civili
Fatta la legge sulle unioni civili, le richieste di civiltà portate avanti dalle associazioni Lgbt, ora guardano oltre. Sei o non sei d’accordo a equiparare il matrimonio tra etero e omosessuali? Cosa ne pensi della possibilità di dare in affidamento o in adozione un bimbo a due genitori dello stesso sesso? Ti muoverai per combattere le discriminazioni verso persone gay, lesbiche, trans o intersessuali, e anche migranti, disabili o altre minoranze? Inserirai negli appalti impegni di inclusività? Sono alcune delle domande sottoposte. L’elenco completo dei responsi (anche se molto parziale, visto l’esiguo numero di chi ha accettato di farsi intervistare, pari a neanche il 3% dell’esercito dei candidati) è sul sito dell’Arcigay. Il panorama riserva sorprese. La più clamorosa è che solo 6 aspiranti sindaci su 17 si sono interessati al problema. Tra loro, Airaudo della sinistra di Torino in Comune, la grillina Appendino e il comunista Ariotto hanno detto sì su tutti i fronti. Sì a tutte le acquisizioni di nuovi diritti, senza differenze, matrimonio ed adozioni comprese.

«Strana posizione»
Piero Fassino si fa invece notare per un no: il sindaco è contrario alle adozioni gay, ma favorevole all’affidamento. Un parere che salta all’occhio e che descrive un Fassino in linea con le posizioni nazionali del Pd renziano. L’Arcigay non si vuole sbilanciare in analisi politiche, a pochi giorni dal voto, ma commenta: «Teoricamente – aggiunge Giusta – è un po’ strano che Fassino risponda sì al matrimonio e no alle adozioni, perché il matrimonio porta con sé tutta la normativa sulle adozioni». Spiega meglio: «Abbiamo voluto separare il quesito proprio perché noi intendiamo l’adozione sia di un bambino in stato di adottabilità, abbandonato o senza genitori, sia di un bambino frutto della procreazione medicalmente assistita (quella che nella legge Cirinnà era chiamata stepchild adoption, ndr)». Tra i sindaci ad essersi pronunciati c’è poi l’Idv Mario Levi, favorevole solo al matrimonio gay. Nel centrodestra, solo Roberto Rosso (e parecchi suoi candidati) partecipa al sondaggio, pur con molti «no». «Io sono per la difesa dei diritti Lgbt – afferma spesso Rosso – e ho candidato più persone gay e lesbiche di tutti gli altri».

Il coraggioso della Lega
Il Movimento di Grillo è stato il più pronto a rispondere. Nell’eterna frammentazione tra un M5S più progressista e uno più conservatore, tra grillini «di sinistra» e «di destra», le posizioni sono variegate. C’è chi come il candidato in Comune Enzo Vinci che dice sì alle adozioni, no al matrimonio, Barbara Azzarà si schiera contro adozioni e affido. Il Pd, invece, si dimostra timidissimo, diviso tra molte anime. Non sono solo i cattolici a non voler prendere posizione: su 40 candidati, solo 7 dicono la loro. Per Enzo Lavolta, Fosca Nomis, Laura Onofri, le new entry Chiara Foglietta (attivista dell’Arcigay) e Daniela Todarello disco verde su tutto. Lucia Centillo è contraria al matrimonio e alla legge contro l’omofobia. Si fa notare, infine, quel giovane dirigente torinese della Lega Nord, Carlo Emanuele Morando, unico e solo come un kamikaze a farsi sentire: «Io milito in un partito che lascia la libertà di pensiero e non butta fuori chi non la vede come il leader. Per fortuna posso dire la mia, anche se non è quel che vuole Salvini». Dunque, per lui, sì a una legge che tuteli gli omosessuali. «Su matrimonio e adozioni non ci starò mai, perché gli omosessuali sono diversi e non possono eguagliare una famiglia tradizionale. Ma sulle unioni civili sono contento sia andata così. Due gay devono poter vivere insieme».

Articolo pubblicato da La Stampa, venerdì 3 giugno 2016